mercoledì 16 gennaio 2008

Per la serie: le piu' belle favole piu' belle


La Danimarca agli Europei di calcio del 1992:

dal sito http://www.korazym.org.

Quelli che sembrano dei veri e propri miracoli non accadono solo nelle sfide fra formazioni di quartiere o fra dilettanti allo sbaraglio: talvolta accadono anche nel grande calcio, quello che conta, tecnicamente ed economicamente. Se poi si concentrano due, tre, quattro “miracoli” in un breve lasso di tempo può materializzarsi l’impresa epica, fenomenale ed irripetibile. Un sogno ad occhi aperti: quello di chi, partito solo per una degna partecipazione, trionfa sul gradino più alto. Tre edizioni fa gli Europei di calcio furono teatro proprio di una di quelle storie a lieto fine che accadono una sola volta nella vita. Protagonista assoluta una squadra che non ha mai avuto un posto particolarmente dorato nella storia calcistica europea: la Danimarca.

A quegli Europei, svoltisi in Svezia nel 1992, la Danimarca non si era neppure qualificata. Lo aveva fatto però la Jugoslavia, estromessa per decisione politica in seguito ai tragici avvenimenti che infiammavano, in quegli stessi giorni, il paese che fu del generale Tito. I danesi furono chiamati dunque a sostituire i colleghi balcanici: qualcuno a Copenaghen la prese pure male, dovendo rinunciare a delle vacanze già inziate…

Squadra di riserva, dunque, la Danimarca giunge a Stoccolma con l’etichetta di “Cenerentola” del torneo. E’ la squadra materasso, destinata ad una brevissima comparsa: quasi uno sparring partner, un avversario da allenamento. L’unico giocatore che avrebbe potuto alzare il suo tasso tecnico, quel Michael Laudrup fresco vincitore della Coppa dei Campioni con la maglia del Barcellona, non è a disposizione. Gli occhi di tutti sono puntati sulla straordinaria Olanda di Gullit, Bergkamp, Rijkaard; la Francia è allenata da Michel Platini ma più di qualcuno punta sulla vittoria finale della Germania. E l’Italia? L’Italia non c’è, eliminata durante le qualificazioni.

L’esordio danese contro l’Inghilterra si conclude a reti bianche. Uno 0-0 che si commenta con la scarsa capacità offensiva dei bianchi, incapaci di bucare la debole difesa danese. Esattamente ciò che invece riuscirà a fare (e siamo alla seconda gara) la Svezia di Brolin. Con la sconfitta rimediata dai padroni di casa la Danimarca, guidata da Moeller – Nielsen, si incammina verso l’ovvia eliminazione. A meno di un risultato a sorpresa. Che inaspettatamente arriva. Vittoria per 2-1 sulla Francia e semifinale assicurata.

Per i danesi, convinti di tornare subito a casa, l’accesso fra le quattro più forti d’Europa è già una vittoria sensazionale. Ragionevolmente, non si potrebbe sperare di meglio. Nella gara che vale la finale è l’Olanda campione in carica ad opporsi ai fieri giocatori in maglia biancorossa. La gara è combattuta e si conclude in parità: 2-2. I supplementari non rompono l’equilibrio ed occorre arrivare fino ai calci di rigore. Una roulette dove tutto può accadere. E accade che sono i danesi a prevalere. Un mese fa neanche dovevano partecipare, oggi sono in finale.

Contro la squadra di Berti Vogts la Danimarca può contare sul tifo di tutta Europa, tedeschi esclusi. La favola di una formazione simpatica e divertente come quella danese contagia il continente, che alla “solita” vittoria tedesca preferisce la novità assoluta. Dall’altra parte c’è però gente come Mattheus, Klinsmann, Brehme, Kohler, Haessler, Effemberg, Sammer, Riedle: grandi campioni assai conosciuti dal pubblico italiano, campioni del mondo in carica. L’ultimo miracolo, il più importante, sembra davvero impossibile.

E invece succede. La gara finisce 2-0, risultato netto, con le reti di Jensen e Vilfort. E’ il tripudio di un paese calcisticamente modesto e una gioia per l’intero movimento calcistico, che vede nel prodigio appena realizzatosi il segnale che questo sport sa ancora essere sorprendente.

Una vittoria conquistata per merito dei voli del portiere Schmeichel, delle fiammate di Brian Laudrup, il fratellino del più celebre Michael, delle corse di Povlsen, l’attaccante dai trascorsi italici, dai gol di Henrik Larsen, che il Pisa aveva trattato fino a un mese prima come uno scarto di scarso valore. E poi il carattere di Kim Vilfort, l’autore del secondo goal, quello della sicurezza, nella finale con la Germania: la figlia di otto anni, malata di leucemia, è ricoverata in ospedale proprio nel mezzo del campionato europeo. Vilfort fa la spola fra la Svezia e la Danimarca, per assistere la piccola e non lasciare il suo impegno con la nazionale.
L’ultimo goal, quasi un sigillo, è proprio il suo.


Nessun commento: